MAAP – ATELIER D’ARTE PUBBLICA – A Matera Migranti e Cittadini Si Incontrano Nell’Arte

Jadhav, 18 anni, nato in Bangladesh, è arrivato in Italia 10 mesi fa, ma è ancora ossessionato e dolorante dei ricordi del suo viaggio con i trafficanti di esseri umani attraverso il Mar Mediterraneo. Determinato a cercare una vita migliore in Europa, Jadhav era volato in Egitto attraversando Dubai, prima di raggiungere la Libia via terra. Ha lavorato per un anno a Tripoli, in un supermercato, e qui è stato anche incarcerato per 11 giorni, torturato e rilasciato solo dopo che i suoi genitori avevano inviato i soldi del riscatto. Mentre racconta la sua storia, Jadhav alza lo sguardo su un’enorme opera d’arte dipinta all’angolo di una strada, nel vicolo di una cittadina italiana. I suoi occhi sono vitrei, ricordando le condizioni della prigione libica e la sua esperienza. Migliaia di giovani migranti in Italia hanno storie simili da raccontare. Poiché la pandemia sta guidando la migrazione globale, 39.000 stranieri hanno raggiunto il nostro paese via mare dall’inizio dell’anno, il doppio rispetto a 12 mesi fa. Tra questi numerosi minori non accompagnati, che rappresentano quasi un sesto del totale. Gli esperti prevedono che le turbolenze in Afghanistan potrebbero portare ad un numero di arrivi addirittura maggiore. Con la nostra Italia afflitta dalla persistente disoccupazione e le risorse governative estenuate, siamo uno dei più grandi hotspot migratori europei in difficoltà.

Ma c’è uno schema innovativo che sta aiutando decine di persone a forgiare futuri più luminosi. Lanciato nel 2019, il MAAP, l’Atelier d’Arte Pubblica della città di Matera, è una delle poche iniziative in Italia che utilizza l’arte pubblica per integrare i nuovi migranti arrivati ​​nel Paese. Per uno dei progetti più ambiziosi, l’artista di strada Mohamed L’Ghacham, che vive a Barcellona, ha unito le forze con gruppi di migranti in tre città della Basilicata, per sviluppare tre progetti consecutivi nell’arco di 17 giorni. L’obiettivo era trasformare un edificio di ogni cittadina con un murales imponente. A San Chirico Raparo, Mohamed L’Ghacham ha lavorato con un gruppo di 11 minori non accompagnati ospitati in un centro locale. Mentre l’artista ha iniziato a dipingere il murales, ha iniziato a coinvolgere i giovani migranti nel processo creativo, chiedendo loro di proporre oggetti da includere nel disegno, mentre insegnava loro come mescolare la pittura. Il murales, in progressiva evoluzione, è diventato un punto focale, trasformando in forte vibrazione visiva un tranquillo angolo di strada assonnato, in un centro con una popolazione di appena 1.000 abitanti. Gli organizzatori del progetto hanno anche condotto esercizi di comunicazione con piccoli gruppi di giovani migranti, consentendo ai partecipanti di discutere del proprio passato; nel frattempo residenti curiosi, attratti dal processo, si sono uniti alla conversazione. A dimostrazione che l’arte può unire culture, storie e cuori, in uno dei momenti più difficili che l’umanità si trova ad affrontare.

Fonte: The Guardian

La nostra Intervista a
MAAP – Atelier d’Arte Pubblica

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