MUSICA – Intervista a MaLaVoglia: La Musica è La Mia Psicologa

MaLaVoglia:
“La musica è la mia psicologa, grazie a lei mi pongo domande”

Oggi la blogger Giulia Quaranta Provenzano ci propone un’intervista al cantautore MaLaVoglia. Il trentasettenne, che è reduce da un’intensa attività live, l’11 giugno ha iniziato ad esibirsi sui palchi in giro per tutta Italia.

Ciao MaLaVoglia! So che fai e ascolti da sempre musica (quale e chi, per esempio, soprattutto?), che sei affascinato dalle parole in qualsiasi loro forma. Quante lingue parli e in quante sai scrivere ma soprattutto non pensi che ogni vocabolo utilizzato e il suo posizionamento nella frase – per quanto aiuti a portare fuori e mettere in comune un pensiero, un’emozione, una sensazione, un sentimento – in un certo qual senso lo limiti dacché è peculiare della staticità del definire?

“Ciao Giulia! Sì, ascolto da sempre musica. Tutta… tutta quella che mi emoziona, che emoziona il mio essere. Non ho un genere preferito. Parlo italiano e inglese. Mi piace pensare che ogni vocabolo aiuti, come hai detto tu, a rendere le immagini visibili nella nostra testa. È la forza delle parole che in successione, nei testi, creano un mondo”.   

Talvolta capita che non sia stato portato a livello di consapevolezza, dunque vi ci si soffermiamo un attimo, che la struttura di una lingua è indice della personalità del suo popolo. Ad esempio il congiuntivo, nella lingua italiana, occupa il maggiore spazio rispetto a qualsiasi altra lingua tanto da essere un tratto distintivo fondamentale della cultura della nostra penisola (benché oggi il suo uso inizi a traballare…). Esso è segno di eleganza mentale, di senso estetico, a cuore di una nazione che è sempre stata ricca di talenti creativi nella produzione artistica e scientifica mondiale. Congiuntivo che rende evidente il tratto italiano impostato sulla sfumatura dei contorni, sulla più smussata esplicitazione logica, sull’inafferrabilità del concetto come se l’espressione linguistica non desse adito a nulla, o a poco, di certo e tutto fosse posto sul difficile e complesso piano dell’incertezza: ti ci ritrovi?

“Decisamente sì. L’Italia ha una cultura complessa e ricca di sfumature che ogni regione, poi, porta con sé nei suoi tanti dialetti che si differenziano da provincia in provincia”.

Come ha spiegato – anche qui, come sopra – colei che mi ha trasmesso le fondamenta della Critica letteraria, di arti visive e musicali, l’italiano è altresì la lingua del gerundio che conosce solo il participio presente. L’italiano, esemplificando, traduce la forma continua dell’inglese in -ing necessariamente con il gerundio appunto: I am eating, “sto mangiando” mentre in realtà l’inglese dice sono mangiante, con tutta una specificazione psicologica di estrema dinamicità della personalità e propensione per il cambiamento e per il nuovo in generale non tipica invece dell’italiano. L’italiano infatti è una lingua impostata a una dinamicità non di avanzamento, bensì di accerchiamento (un po’ come la piovra). Per quello che ti riguarda, tu ti percepisci o no come un Prometeo tentacolare che muta l’immagine in ogni momento sconcertando e sorprendendo “la preda”, te stesso, da tutte le direzioni sia nella tua musica che nella tua quotidianità al di là del campo musicale?

“Dunque… mi piace evolvere il mio pensiero, mutare, cambiare. Non sono per la staticità, mi annoia e mi consuma. Allo stesso tempo, ci sono dei periodi in cui ho bisogno di ri-caricarmi e allora riesco a rimanere in letargo, fermo. Questo accade spesso a fine autunno/inverno, periodo durante il quale scrivo molto. Quindi appunto, forse sì, mi piace mutare…  fa parte di me. Sono tutto questo – con tante immagini – e in realtà, quindi, alla fine non cambio mai”. 

Tornando un attimo al congiuntivo, nel periodare italiano questa modalità verbale serve a tenere in piedi una struttura concettuale che ha il suo perno, il suo motore propulsore primario, la sua profonda identità, nelle fondamenta mobili dell’intuizione. Nell’italiano lo spazio logico è mimetizzato ossia nella sopra citata forma a piovra, che mette in secondo piano l’angolazione logica e in primo piano l’inafferrabilità dell’intuizione che il linguaggio riflette in massimo grado nella presenza delle frasi implicite e, specialmente, nell’uso esteso del congiuntivo. Congiuntivo che conserva e fa permanere il più possibile il piano, per così dire, “mobile” e meno chiaro, che è proprio dell’intuizione e che per chiarificarsi deve compiere il lungo percorso che porta alla sua esplicitazione logica …ciò che ovvero si realizza appieno nella propensione estetica, artistica e creativa – anche in campo scientifico – che è tipica del popolo italiano (ovviamente in varia misura). Ecco dunque che non mi sorprende il fatto che molti è con la musica che si scavano dentro ma non si riconoscano e da lì cambi la loro vita. Tu, c’è qualcosa in cui non ti sei trovato e che ti ha fatto male al punto che quasi sei arrivato a mandare tutto a quel paese?

“Certo. Diciamo anche che la musica è, per me, la mia prima psicologa… nel senso che grazie proprio a lei scavo, cerco risposte, ma soprattutto mi pongo domande. Non so perché, tuttavia mi viene più semplice pensare in “musica”. Spesso ho trovato appunto risposte in molte canzoni che descrivevano esattamente il mio stato d’animo e, attraverso loro, ho formulato un pensiero che è diventato la soluzione al mio cruccio. Talvolta sì, ho mandato tutto a quel paese… e ricominciare, sempre a volte, è la cosa migliore che la vita possa regalarci”.

Per quello che ti riguarda, pensi di essere stato unbambino talentuoso, ma con una paura folle di deludere le aspettative delle persone che avevi a fianco e tanto sicuro dei tuoi mezzi quanto timido? Un’ansia, questa, che ancora oggi ti porti dietro, o no anche se, qualora mai tu l’avessi avuta, magari hai imparato un poco a gestirla? E, poi, forse ciò deriva dall’avere un Super-io freudiano molto forte, il quale porta a percepire l’“affetto” proporzionalmente all’accettazione altrui di cui il rispondere alle attese dell’interiorizzazione – attuata nell’infanzia, all’interno del rapporto con la coppia dei genitori – dei codici di comportamento, divieti, ingiunzioni, schemi di valore (quali bene/male, giusto/sbagliato, buono/cattivo, gradevole/sgradevole) ne è causa?

“Non so se ho talento o meno, penso di ascoltarmi e faccio quello che mi piace e mi fa stare bene. Ho deluso chi mi è stato accanto, forse, per altre tipologie di vita che volevano realizzassi… ma, alla fine, sono andato diretto verso ciò che desideravo e amo. È come se la musica mi avesse preso per mano, è stata lei a portarmi a spasso. Ora succede anche il contrario, sono molto consapevole di quella che io stesso porto in giro. È mia, è un mio modo d’essere e sentire e per questo dico che ansie non ne ho… se non quelle buone, positive, che creano concentrazione prima di ogni passo che compio. Poi, certamente ognuno si porta appresso pezzi di vissuto e retaggi del passato e non di meno sono sempre convinto che abbiamo tutti la possibilità d’imparare a conviverci senza più venirne limitati”.

So che quest’estate hai fatto molti live… Domanda, questa, quasi retorica ma – a tuo avviso – la musica è dal vivo ossia appunto live? Per affinità tematica, a proposito di immediatezza e spontaneità, ti chiedo cosa ne pensi dell’uso dell’Auto-Tune e della sua manipolazione dell’audio che permette di correggere l’intonazione e mascherare piccoli errori o imperfezioni della voce (benché venga spesso utilizzato anche soltanto per creare particolari effetti di distorsione e non a scopo correttivo).

“Certamente, la musica nasce così come detto. È viva e viene fatta per essere condivisa. Le emozioni attraversano i corpi… immagino sempre che ai concerti le persone, tutte vicine, se le passino tra loro dall’una all’altra e l’un l’altra. Questa è la musica, per me. Per quello che riguarda l’uso dell’Auto-Tune, penso che sia legato soprattutto a un modo di esprimere e identificare un determinato tipo di musica, piuttosto che solamente per nascondere e mascherare piccoli errori”.  

Cosa significa e per cosa si caratterizza, secondo te, l’incapacità d’amare? Tu sei geloso, possessivo? Ci sono mai stati alcuni tipi di emozioni e sentimenti, alcuni dubbi, che hai provato per qualcuno che non sei riuscito a controllare?

“Incapacità d’amare non saprei spiegarla. Ho idea però che sia necessario amare se stessi, accettarsi coi propri difetti e imparare a vederli come caratteristiche. Bisogna ossia amare in primis la vita e il mondo e, poi, si potrà amare pure qualcun altro. L’amore è molto irrazionale, è libero… Come lo si può controllare? In passato, a volte, sono stato molto geloso. Ora non più. Adesso vivo il momento, perché ho compreso che niente ci appartiene. Ecco, è questa una delle cose che so per certo… So che amare significa anche lasciare andare…”.

Coez, nel suo pezzo “Essere liberi”, canta che  <<(…) ci alleniamo a stare soli/ A costo d’essere liberi (…)>> mentre Luché, in “Ti Amo”, dice che <<(…) Due caratteri di fuoco incendierebbero la casa (…)>>: è stato ed è vero secondo la tua esperienza e sulla tua pelle?

“Per me l’amore, che ho vissuto sulla mia pelle, è quello che racconto nel mio ultimo singolo intitolato “Punto”. Ho capito che non si può tenere tutto, si deve lasciare andare ché siamo solo di passaggio… piccole barche sul mare. Non mi rivedo, pertanto, in nessuna delle due citate canzoni”.             

Prima di iniziare il tuo viaggio professionale nella musica, che lavoro svolgevi e cosa ha funto da tuo cosiddetto punto zero nella consapevolezza di voler fare soltanto ciò che desideri e non altro?

“Ho fatto un po’ di tutto. Dal barista al modello, dal commesso per brand di lusso all’addetto vendite all’Esselunga. Non mi pento di alcunché, tutto fa parte di me ed è con me. Grazie al mio passato posso vivere e dare valore a questo mio attuale presente”.

Una domanda, infine, vicina alla mia cara Filosofia e cioè hai fede in qualcosa/qualcuno e – nel caso tu credessi nel dio del monoteismo – come ti spieghi l’onnipotenza, l’onniscienza, l’onnipresenza divina di fronte ai mali non tanto morali bensì naturali?

“Credo che ci sia qualche energia, da qualche parte, che ha messo tutto al posto giusto. Penso a qualcosa di bello, non di onnipotente. La vita sa essere crudele e anche la natura. Sono del parere, ad ogni modo, che sia sbagliata la nostra forsennata ossessione di voler mettere a posto le cose secondo la nostra visione”.

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